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NON CHIEDERCI LA PAROLA

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Non chiederci la parola che squadri da ogni lato

l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco

lo dichiari e risplenda come un croco

perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,

agli altri ed a se stesso amico,

e l'ombra sua non cura che la canicola

stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,

sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.

Codesto solo oggi possiamo dirti:

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

(Eugenio Montale)

Ci sono momenti in cui il tempo si ferma, perché noi possiamo fermarci a riflettere a pensare alla nostra condizione umana.

Noi uomini del XXI secolo, dalle indiscusse certezze e dal giudizio facile, siamo stati gabbati da una minuscola forma quasi invisibile che ci costringe a vivere in continua difesa e sovente in triste solitudine.

Questa solitudine diventa un macigno enorme quando non più accompagnata dallo spirito di vicinanza che aleggiava in passato e confortava le nostre antiche comunità di vita.

Siamo diventati indifferenti e abbiamo scordato l’importanza di un sorriso, di un saluto, di una parola di speranza che possano accompagnare anche le esistenze più difficili.

La solitudine può renderci belve ferali, rinnegando anche la più grande manifestazione di fiducia: quella che dei ragazzi indifesi mettono nel loro scellerato papà.

Non ci sono parole, come dice il grande poeta, che possano spiegare l’inferno di un’anima e che giustifichino un atto cotanto inumano.

A noi non resta che dire una preghiera, un ricordo per questi nostri sfortunati compagni di vita, troppo presto, per loro, vilmente spezzata.

Il Dirigente Scolastico Prof. Paolo Lamon